Si sono svolti nella palestra “Archè Training Center” di Catania, il primo centro interamente dedicato alle arti marziali, sport da combattimento e cross training, gli esami per II e III dan di Ninjutsu delle già cinture nere della Kuro Neko No Kai.
Oltre agli allievi appartenenti ai gradi minori e al caposcuola Francesco Grasso Sensei, da registrare la presenza la presenza di Luca Di Mauro Sensei, caposcuola della Iwama Juku Dojo Aikido Catania.
Nella foto: Allievi e Sensei della Kuro Neko No Kai
La Kuro Neko No Kai è una scuola di arti marziali dedita allo sviluppo psicofisico della persona, alla divulgazione di arte e cultura orientale e non solo. Oltre al metodo di autodifesa ideato dal maestro Grasso, il Free System Fighters, e al Sanda (boxe cinese), viene insegnato il Ninjutsu, la famosa arte degli shinobi più comunemente noti come “ninja”.
Nell’immaginario collettivo questa figura viene associata alla filmografia degli anni 80/90: killer spietati, antagonisti dei samurai e con poteri soprannaturali. È quindi comprensibile che la massa identifichi tale arte come qualcosa di inverosimile o poco attendibile sotto più punti di vista.
Approfondendo la conoscenza del Ninjutsu è invece possibile scoprire come i ninja fossero sovente soggetti che vivevano ai margini della società e che svilupparono conoscenze filosofiche e spirituali, tecniche di combattimento e strumenti all’avanguardia.
La funzione principale di uno shinobi era relativa al recupero di informazioni, soprattutto nei periodi di guerra; perciò, poteva essere più utile per costui imparare ad inserirsi nel tessuto sociale e adattarsi all’ambiente, piuttosto che cercare lo scontro con potenziali avversari.
Bisogna comunque considerare il contesto storico in cui furono impiegati i ninja, ovvero quello del periodo Sengoku o “degli Stati combattenti” nel XV secolo, dove la difesa personale era prerogativa di qualsiasi guerriero.
L’obiettivo del ninja, dal punto di vista filosofico e spirituale, era comprendere le leggi di natura ed armonizzarsi con esse. Per tale motivazione la Kuro Neko No Kai svolge la pratica marziale anche in contesti naturali sviluppando negli allievi un profondo senso di appartenenza e rispetto della natura, per esempio negli ormai noti “ritiri” sull’Etna nel periodo estivo.
In ultima analisi, non per importanza, il kanji “Nin” può essere tradotto con “perseveranza”. Il focus della pratica è quindi: sviluppare un atteggiamento resiliente dinanzi alle sfide della vita, concentrandosi sul proprio sviluppo psicofisico grazie alla pratica condivisa con gli altri. Non c’è agonismo, solo un continuo processo autoconoscitivo attraverso allenamenti che spaziano dalla difesa personale, allo sviluppo di abilità acrobatiche sino all’uso di molteplici armi.